Da sud a sud, da sole a sole


Lo spettacolo "Da sud a sud, da sole a sole" nasce dall'incontro di due testi e di due storie. Da una parte "Ero in casa ed aspettavo la pioggia" di Juan Luc Lagarce, drammaturgo francese, dall'altra "Se muoio, sopravvivimi", libro d'inchiesta, scritto dal giornalista Salvo Palazzolo e da Alessio Cordaro, che racconta la tragica fine della madre di quest'ultimo, Lia Pipitone, morta a 24 anni a Palermo per mano della mafia. 

In scena: Anna Lia Misuraca nel ruolo della madre, Andrea Vaianella nel ruolo di Gero, Maria Grazia Catania e Annalisa Gentile nel ruolo di sorelle, Franco Bruno nel ruolo del padre e Nicola Puleo nel ruolo del disturbatore. 

I filmati sono stati curati da Eduardo Veneziano, mentre le foto e le proiezioni sono di Ambra Favetta. Nei filmati sono presenti Nicola Puleo, Giusy Di Giovanna, Giusy Sanità, Gery Palazzotto, Gaspare La Barbera, Santo D'Aleo, Andrea Vaianella, Antonella Catanzaro, Giovanni Giglio, Marta Maggio e Joy Bongiorno. Voce fuori campo: Antonella Catanzaro.

I costumi sono curati da Marina Marchica e la regia tecnica è di Gery Palazzotto. Lo spettacolo è stato adattato e diretto da Franco Bruno.

Lo spettacolo ha debuttato in versione breve a Montecatini Terme nell'aprile 2014. E' stato poi replicato in questa versione a Sciacca in giugno. A settembre è stato selezionato per il festival di teatro civile "Sele d'oro" di Oliveto Citra, nella versione completa.

NOTE di REGIA:
“Ero in casa e aspettavo la pioggia” di Lagarce, ha una scrittura apparentemente piana, senza sussulti, che sembra avvolgersi su se stessa. Un profilo sinusoide, in cui gli echi delle ripetizioni danno volume e risonanza alle parole, in un crescendo che restituisce imponenza alle immagini ed alle emozioni. Nel leggere la pièce fu immediato il richiamo di un tragico episodio, di ritorno dalla memoria collettiva.
Lia Pipitone, fu vittima innocente, nel settembre del 1983, durante una rapina maldestramente condotta in una sanitaria di Palermo. Un fatto tragico per la fortuità e l’efferata violenza del suo manifestarsi. Una dinamica strana, anche in una città abituata, suo malgrado, a teorie di fatti di sangue: a giustificare la morte di Lia, madre e moglie, rimase solo il tragico caso. Emerse anche un’altra verità. Il padre di Lia, imprenditore edile di successo, era noto negli ambienti giudiziari per essere molto vicino ad alcune “famiglie” mafiose della città, una sorta di consigliere tenuto in grande considerazione. Lia, con la sua formazione culturale da anni Settanta, teneva una condotta “moderna” ed anticonvenzionale, forse troppo perché un padre di rispetto non ne temesse il contraccolpo in perdita di credibilità e di potere. Da questa semplice equazione, la terribile verità capace di ridare ordine a quel fatto di cronaca illeggibile ai più: una vita sacrificata per una ragion di “stato mafioso” di creontina memoria. Lia, moderna Antigone, voleva seppellire, senza rendervi onore, la sudditanza morale ad un mondo in cui non si riconosceva, ripudiando la mera consanguineità come motivo supremo per tradire le ragioni della propria esistenza.
Senza voler cedere alcun primato al fatto di cronaca,seppur tragico, decisi di coniugare le due vicende, in un rapporto osmotico, accostando l’equilibrio sospeso della poetica lagarciana, allo strappo affettivo generato dal terribile assassinio.
Nel dissidio padre-figlia, forte l’afflato narrativo con la pièce di Lagarce, in cui il figlio viene allontanato dal padre. La figlia uccisa, nella coscienza del padre, urla la verità sulla sua morte. In Lagarce, tradendo le attesedel suo ritorno, il figlio si abbandona ad un sonno senza appello. In entrambi i casi, chi torna non restituisce se stesso alla famiglia, ma il dolore subìto nell’atto del distacco. Ricorrente è il sonno del personaggio attorno a cui, tutto ruota: sia che l’assente dorma un sonno molto pesante, sia che dorma realmente il sonno della morte. L’attesa che sostiene il ritmo della pièce francese, nel nostro adattamento scandisce il lento recupero della tragedia: rivivere l’uccisione di Lia per corrodere dalle basi il reo diritto patriarcale, restituendo a tutti, vivi e morti, il diritto alla verità. Il fatto di cronaca rimane confinato sullo sfondo. Il colore della tragedia, come nelle antiche greche, dissimula il tempo dei protagonisti, macchiando la coscienza sensibile dello spettatore, e corrompendone l’ingenua disponibilità con i sapori del lutto o della gioia. Sull’estuario di tale confluenza si spande da sud a sud, da sole a sole.
 
Franco Bruno
 Guarda le foto dello spettacolo. 
 
 

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